sabato 24 novembre 2018

Lupi buoni e tori con le ali


Lupi buoni e tori con le ali: quando nel nostro immaginario irrompe la diversità


Di Felice Carlo Ferrara


C’è un posto dove hanno origine tutte le storie: una sorta di grande fabbrica in cui ogni possibile protagonista trova una collocazione precisa: il lupo cattivo ha il suo spazio in un cassetto in alto a destra, il topo dispettoso sulla sinistra, la farfalla poco al di sotto e naturalmente non manca un posto per i draghi! Tutti gli animali più amati dai bambini sono pronti per essere lanciati nel mondo delle storie… almeno quasi tutti. Quando nel grande archivio compare un toro con le ali, infatti, sembra impossibile classificarlo in modo preciso. Chi ha mai sentito parlare di un toro con le ali? E chi può prevedere se sarà buono o cattivo, socievole o astioso, allegro o malinconico?  Senza un’etichetta prefissata non è possibile entrare nel meccanismo delle storie e questa decisione sembra escludere il nuovo arrivato. Ma basta davvero questo a risolvere il problema? Il toro con le ali sembra infatti avere una naturale predisposizione al caos, tanto che in pochi minuti tutto l’archivio cade nella confusione e ogni animale rivela istinti e attitudini fino ad allora impensabili! O almeno mai previste dalle regole dell’archivio…

“Lupi buon e tori con le ali” è la storia di come tendiamo a ridurre tutto a degli stereotipi impoverendo di fatto le nostre possibilità in termini di immaginazione ma anche in termini di risorse di vita. Ed è una riflessione su come la nostra fatica a gestire l’imprevedibile può rivelarsi in realtà molto dannosa non solo per chi è diverso, ma anche per noi stessi, perché ognuno di noi potrebbe avere una natura imprevedibile nascosta da qualche parte e quando questa natura non trova un canale per esprimersi, rimane di fatto bloccata per sempre, generando una profonda malinconia, se non un fastidioso senso di frustrazione.



Lo spettacolo sceglie un linguaggio misto che si ritaglia momenti di teatro di figura (davvero notevole il lavoro di Rossana Maggi tanto sulle illustrazioni quanto sui pupazzi) e di videoproiezioni; a reggere lo spettacolo sono però soprattutto le due protagoniste, le ottime Giulia D’impero e Paola Palmieri, in grado di dosare nella caratterizzazione dei rispettivi personaggi il giusto grado di ironia e di malinconia.

Se è possibile che non tutti i messaggi veicolati dallo spettacolo arriveranno al bambino (probabilmente il discorso sulle etichette come sui generi è più rivolto ai genitori che ai loro figli), Lupi buoni e Tori con le ali rimane comunque un prodotto gradevolissimo per i bambini, un racconto in grado di divertirli e, quantomeno, di avvicinarli a temi importanti come la diversità e la discriminazione.


LUPI BUONI E TORI CON LE ALI

Ideato e realizzato da ArteVOX Teatro con il sostegno del Teatro del Buratto
di Anna Maini
regia Benedetta Frigerio
con Giulia D'Imperio e Paola Palmieri
scenografia, illustrazioni e pupazzi Rossana Maggi
costumi Claudia Botta e Rossana Maggi
realizzazione e consulenza video Michele Cremaschi
musiche e suoni originali Enrico Ballardini
voci registrate di Tommaso Banfi, Renata Coluccini, 
Marta Comerio, Dario De Falco, Franco Spadavecchia
direttore di produzione Marta Galli



Visto il 18/11/2018 presso il Teatro Munari di Milano


venerdì 2 novembre 2018

Filippo Timi porta in scena il suo cuore di vetro


FILIPPO TIMI CAVALIERE CORAZZATO DI PAURE IN

 UN CUORE DI VETRO IN INVERNO


Recensione di Felice Carlo Ferrara


Dopo essersi immerso nell’universo shakespeariano (con le riletture grottesche dell’Amleto e di Giulietta e Romeo), aver parodiato la Hollywood degli anni ’50 (Favola), aver giocato con la commedia barocca (nell’estroso Don Giovanni), essere tornato all’ingenuità degli anni ’80 (Skianto) ed aver ricreato le atmosfere del cinema italiano degli anni ’60 (La Sirenetta), Filippo Timi riesuma ora la sacra rappresentazione medievale, riprendendone l’assetto didascalico e costruendo la facile allegoria di un uomo innamorato che affronta le proprie paure come un cavaliere si prepara allo scontro con un drago.
Privo di una vera narratività, lo spettacolo si frammenta in più voci. Al fianco del cavaliere umbro si raccontano, infatti, altre figure, tutte piuttosto topiche nell’universo cortese: un vecchio giullare, un giovane scudiero, una prostituta e un angelo custode, tutti carichi di insicurezze o delusioni e, in questo, specchi della fragilità del protagonista. E se ognuno aggiunge un tassello al tema centrale della paura, così strettamente annodato a quello dell’amore nella personalissima visione del mondo di Timi, nel medesimo tempo ognuno ritorna al punto di partenza.



Allo stesso modo lo spettacolo, pur esplorando un genere teatrale nuovo nella carriera di Timi, torna in realtà alle esperienze precedenti, riaccogliendo in sé l’eco di ogni lavoro del passato, come a realizzarne un piccolo compendio che rifletta malinconicamente su se stesso. Facile riconoscere gli elementi pasoliniani già molto presenti nella Sirenetta (di cui riprende anche un pezzo di scenografia), il gusto barocco, la scelta dell’inflessione regionale a smorzare l’altisonanza del testo e la Marilyn della Rocco già presente nell’Amleto. 



Filippo Timi conferma peraltro la sua cifra stilistica, caratterizzata da un’estetica tanto curata, quanto dedita al bizzarro e dal gusto per l’elemento popolare che vada a contaminare testi invece ridondanti, straripanti immagini poetiche e folgoranti accumulate l’una sull’altra, con insistenza, cercando più la ripetizione del concetto che il suo approfondimento. 



Ne risulta uno spettacolo estremamente affascinante sul versante visivo, e non solo per i bellissimi costumi e per il disegno scenografico: contribuisce notevolmente anche la capacità visionaria di Timi che mette Marina Rocco irrigidita su un carrello scorrevole, accosta uno squallido bar di periferia così materico nel suo nudo cemento ad una nuvola che pare tratta da un affresco manierista e appende infine se stesso a testa in giù dopo essersi arrampicato fino alla cima di una scala in una scena di grande impatto. A questo si aggiunge la consueta qualità nella squadra attorale: in scena un accumulo di talenti la cui vetta è lo stesso Timi.
Per contro si deve riscontrare una semplicità nei contenuti e nel gioco narrativo tale da rendere quasi inutile tanto lavoro estetico o tanto talento attorale, quasi si sfoggiasse più mestiere che arte.    



UN CUORE DI VETRO IN INVERNO
uno spettacolo di e con Filippo Timi
e con Marina Rocco, Elena Lietti, Andrea Soffiantini, Michele Capuano
luci Camilla Piccioni
assistente alla regia Benedetta Frigerio
direttore di scena Alberto Accalai
macchinista Mattia Fontana
elettricista Lorenzo Bernini
fonico Emanuele Martina
sarta Caterina Airoldi

amministratrice di compagnia Beatrice Cazzaro
direttore tecnico Lorenzo Giuggioli
scene costruite presso il laboratorio del Teatro Franco Parenti
costumi realizzati presso la sartoria del Teatro Franco Parenti diretta da Simona Dondoni
produzione Teatro Franco Parenti/ Fondazione Teatro della Toscana
Visto il 31 ottobre 2018 presso il Teatro Franco Parenti di Milano