Il cielo degli orsi: uno sguardo verso l'alto
per chi
ancora non può capire la vita e la morte
di Felice Carlo Ferrara
Un giovane orso un mattino di primavera si sveglia dal letargo e decide di
diventare papà. Ma come si diventa genitori di un cucciolo? La fantasia di un
bambino può essere soddisfatta da mille favole: quella della cicogna o quella
del campo di rape; quando si cresce, però, diviene necessario superare le tante
menzogne che coprono la verità sulla riproduzione ed entrare con una
consapevolezza nuova nel mondo degli adulti.
Un cucciolo di orso, invece, si interroga sulla scomparsa del nonno e
desidera conoscere l'Aldilà che immagina essere il cielo: lì forse tutti gli
orsi ormai scomparsi continuano a giocare e a divertirsi come un tempo. Non
sarebbe allora bello raggiungerlo subito, per rivedere i propri cari? Questo
pensiero porta il cucciolo a offrirsi agli animali più feroci, ma in verità il
momento della morte è per lui ancora lontano. La vita vuole offrirgli ancora
nuove esperienze, esperienze terrene. E a riportarlo alla dimensione concreta
dell'esistenza sarà il richiamo affettuoso dei genitori.
"Il cielo degli Orsi" è quindi uno spettacolo in due capitoli dedicato a temi di sicuro interesse:
la nascita e la morte, il tutto con il linguaggio suggestivo delle ombre che
Teatro Gioco Vita anima con grazia e creatività. Nascono così momenti di
straordinaria bellezza, che valgono da soli la visione dello spettacolo a un
pubblico di ogni età.
Merito per gran parte delle splendide marionette, ma anche di una regia
fantasiosa, che muove continuamente la scena, cerca nuovi giochi di luce e,
quando sembra che tutto il possibile sia stato fatto, scompone il fondale in
tanti piccoli quadri, lasciando ad ognuno un piccolo frammento di storia da
raccontare. E merito di una colonna sonora notevole e di grande impatto.
Non ci possono essere dubbi, quindi, sulla qualità teatrale di questo
spettacolo.
Qualche perplessità può rimanere forse per il testo, costruito per momenti
molto simili tra loro e senza particolari sviluppi. Una drammaturgia, quindi,
non ricca quanto l'apparato visivo messo in campo. Nonostante le situazioni
narrative di partenza aprano le porte a vaste possibilità di riflessione sul
mistero della nascita della vita e sulla morte, o alla possibilità di
affrontare le emozioni più profonde, la scelta degli autori non è quella di
immergersi in questo problematico ma affascinante campo d'indagine, quanto
quello di accompagnare il bambino verso una rinuncia al proprio fantasticare su
una dimensione metafisica dell'esistenza. Il Cielo degli orsi sognato dai due
protagonisti non è infatti visto come volo necessario verso qualcosa di più
alto per superare il dolore di una vita insoddisfacente, ma come
scollegamento pericoloso verso la realtà più concreta, dove, più che i pensieri
e l'immaginazione, conta l'esperienza materiale.
Il cielo degli orsi
Dall'opera di Dolf Verroen & Wolf Erlbruch
Una produzione di Teatro Gioco Vita
Con Deniz Azhar Azari, Andrea Coppone
Regia e scene: Fabrizio Montecchi
Sagome: Nicoletta Garioni e Federica Ferrari ispirate ai disegni di Wolf
Erlbruch
Coreografie: Valerio Longo
Musiche: Alessandro Nidi
Costumi: Tania Fedeli
Luci: Anna Adorno
Realizzazione scene: Sergio Bernasani
Visto nell'edizione 2014/2015 dell'IF festival organizzato dal Teatro del Buratto.
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