Gigio Brunello per If
Festival
TRILOGIA TEATRO SOPRA LA CITTA’
Gigio Brunello ritorna al Teatro Verdi per la nona edizione di If
Festival dopo il successo di Macbeth
all’improvviso del novembre 2010. Tre serate consecutive presentano una trilogia su Mestre, «una trilogia sulla
città che cambia nel tempo» composta dagli spettacoli Vite senza fine del 2007 – Teste
calde del 2011 e Lumi dall’alto
del 2013, nati da una collaborazione con Gyula Molnar.
In Vite senza fine l’accento è posto sul mondo operaio
e sul lavoro pratico, Teste
calde prende spunto da due episodi della Mestre
risorgimentale e Lumi dall’alto fa rivivere la storia della comunità albanese di Mestre.
Un percorso artistico di ricostruzione
della memoria cittadina attraverso una straordinaria potenza poetica ed
evocativa, raccontato con il fascino insolito e innovativo del teatro di
figura.
Un cammino autonomo e autorevole
quello del burattinaio veneto Brunello all’interno del teatro di figura
italiano che lo ha portato ad allontanarsi dagli
stereotipi del teatro dei burattini per conferirgli una forte umanità; sul palcoscenico interagisce,
convive e colloquia con i protagonisti, piccole statuine da lui stesso scolpite
che a loro volta amano, soffrono, si meravigliano … vivono!
«Nel 2007 mi venne chiesto dal Comune di Venezia uno spettacolo sul mondo operaio nel territorio", racconta Gigio Brunello, "Pensai di scrivere una storia che avesse al centro il lavoro pratico, il sapere analogico antecedente e opposto al digitale, un mondo nel quale il lavoro significava ‘mani’ e la risoluzione di un problema significava smontare-aggiustare-rimontare. Io sono cresciuto in un quartiere operaio a ridosso di Porto Marghera e mio padre era un operaio che sapeva - se necessario - aggiustare anche le ali alle mosche. Così scrissi Vite senza fine.
Poi, in occasione dei centocinquantanni dell’Unità d’Italia ho voluto rivedere quei luoghi com’erano all’epoca del Risorgimento, prima delle fabbriche e della grande trasformazione novecentesca. Così ho scritto uno spettacolo -Teste calde - non su Porto Marghera ma su Forte Marghera con i patrioti volontari giunti da tutta Europa a difendere la Repubblica del 1848 tra i canali e le barene del mestrino.
Infine nel 2013 mi è stato chiaro che quello era un percorso che stavo facendo, mancava la descrizione della Mestre di oggi, quella dei migranti e delle tante lingue. Così avrei realizzato una trilogia sulla città che cambia nel tempo. E’ nato Lumi dall’alto.»
«Nel 2007 mi venne chiesto dal Comune di Venezia uno spettacolo sul mondo operaio nel territorio", racconta Gigio Brunello, "Pensai di scrivere una storia che avesse al centro il lavoro pratico, il sapere analogico antecedente e opposto al digitale, un mondo nel quale il lavoro significava ‘mani’ e la risoluzione di un problema significava smontare-aggiustare-rimontare. Io sono cresciuto in un quartiere operaio a ridosso di Porto Marghera e mio padre era un operaio che sapeva - se necessario - aggiustare anche le ali alle mosche. Così scrissi Vite senza fine.
Poi, in occasione dei centocinquantanni dell’Unità d’Italia ho voluto rivedere quei luoghi com’erano all’epoca del Risorgimento, prima delle fabbriche e della grande trasformazione novecentesca. Così ho scritto uno spettacolo -Teste calde - non su Porto Marghera ma su Forte Marghera con i patrioti volontari giunti da tutta Europa a difendere la Repubblica del 1848 tra i canali e le barene del mestrino.
Infine nel 2013 mi è stato chiaro che quello era un percorso che stavo facendo, mancava la descrizione della Mestre di oggi, quella dei migranti e delle tante lingue. Così avrei realizzato una trilogia sulla città che cambia nel tempo. E’ nato Lumi dall’alto.»
Gli spettacoli andranno in scena al Verdi di Milano per tre giorni consecutivi:
18 febbraio - VITE SENZA FINE. Storie
operaie del novecento
19 febbraio - TESTE CALDE. Storie della sortita
20 febbraio - LUMI DALL’ALTO. Corse clandestine in città
20 febbraio - LUMI DALL’ALTO. Corse clandestine in città
VITE SENZA FINE. Storie operaie del novecento
Di Gigio Brunello e Gyula Molnar
In scena Gigio Brunello - Sculture di Gigio
Brunello
Scenofonia di Lorenzo Brutti
Musiche originali di Gigio Brunello
eseguite da David Boato (tromba), Rosa Brunello (contrabbasso) e Marco
Ponchiroli (pianoforte)
Sopra un lungo tavolo, simile a quelli
delle feste popolari, è immaginato un quartiere operaio di Mestre. Ci sono le
case, la chiesa, il filare di pioppi e gli abitanti che appaiono come statuine
di un presepio laico. La tovaglia di carta è il piazzale asfaltato e allo
stesso tempo lo schermo del cinema all’aperto, ma anche un gran foglio di
quaderno disseminato di calcoli, scarabocchi e schizzi preparatori.
E questo perché l’anima di tutte le storie dello spettacolo è la meccanica, la curiosità che riempie il tempo inseguendo carrucole, leve, ruote azionate dal vento o dall’acqua cui affidare un pensiero, un verso, una frase che non si fermi.
“Essenzialmente, è un principio della fisica ciò che sembra regolare l’esistenza degli abitanti del Villaggio San Marco e degli operai di Porto Marghera e del Petrolchimico: i protagonisti di questo spettacolo. Così come l’ingranaggio infinito della vite in questione genera un continuo movimento che si ripercuote sull’intera chincaglieria meccanica, ogni esistenza umana si riflette su quella degli altri: Gigio Brunello, in Vite senza fine mette in scena, o meglio, mette in “vita”, il concetto di comunità. Il turnista, il meccanico, il postino, l’infermiera, il maresciallo, l’elettricista, il prete, l’ingegnere: vite di paese, forse anche da strapaese, ma che effettivamente si intersecano l’una con l’altra in quel clima perso nel tempo di quando ci si conosceva un po’ tutti. E poi ci racconta anche un’altra cosa: il lavoro pratico. Vite senza fine è un bell’ amarcord, elegia di un mondo analogico, antecedente e opposto al digitale: un mondo nel quale il lavoro significava “mani”, senza falsa retorica dietrologista, e la risoluzione di un problema significava “smontare-aggiustare-rimontare”. Non algoritmo.
Eppure non è solo una bella nuvola di nostalgia. Scritto da Gigio Brunello per la regia di Gyula Molnar, lo spettacolo è la storia di un posto vero, di nomi e cognomi, e “di conoscenze tecniche, della manualità, della capacità inventiva e artigianale degli operai di Porto Marghera del secolo scorso…”
(Marianna Sassano - Nonsolocinema)
E questo perché l’anima di tutte le storie dello spettacolo è la meccanica, la curiosità che riempie il tempo inseguendo carrucole, leve, ruote azionate dal vento o dall’acqua cui affidare un pensiero, un verso, una frase che non si fermi.
“Essenzialmente, è un principio della fisica ciò che sembra regolare l’esistenza degli abitanti del Villaggio San Marco e degli operai di Porto Marghera e del Petrolchimico: i protagonisti di questo spettacolo. Così come l’ingranaggio infinito della vite in questione genera un continuo movimento che si ripercuote sull’intera chincaglieria meccanica, ogni esistenza umana si riflette su quella degli altri: Gigio Brunello, in Vite senza fine mette in scena, o meglio, mette in “vita”, il concetto di comunità. Il turnista, il meccanico, il postino, l’infermiera, il maresciallo, l’elettricista, il prete, l’ingegnere: vite di paese, forse anche da strapaese, ma che effettivamente si intersecano l’una con l’altra in quel clima perso nel tempo di quando ci si conosceva un po’ tutti. E poi ci racconta anche un’altra cosa: il lavoro pratico. Vite senza fine è un bell’ amarcord, elegia di un mondo analogico, antecedente e opposto al digitale: un mondo nel quale il lavoro significava “mani”, senza falsa retorica dietrologista, e la risoluzione di un problema significava “smontare-aggiustare-rimontare”. Non algoritmo.
Eppure non è solo una bella nuvola di nostalgia. Scritto da Gigio Brunello per la regia di Gyula Molnar, lo spettacolo è la storia di un posto vero, di nomi e cognomi, e “di conoscenze tecniche, della manualità, della capacità inventiva e artigianale degli operai di Porto Marghera del secolo scorso…”
(Marianna Sassano - Nonsolocinema)
TESTE CALDE. Storie
della sortita
di Gigio Brunello e Gyula Molnar
In scena Gigio Brunello - Sculture di Gigio Brunello
Musiche originali di Gigio Brunello eseguite da David Boato (tromba), Francesco Socal (clarino), Rosa Brunello (contrabbasso), Tommaso Cappellato (percussioni), Marco Ponchiroli (pianoforte)
Scenofonia di Lorenzo Brutti - Consulenza storica Piero Brunello
di Gigio Brunello e Gyula Molnar
In scena Gigio Brunello - Sculture di Gigio Brunello
Musiche originali di Gigio Brunello eseguite da David Boato (tromba), Francesco Socal (clarino), Rosa Brunello (contrabbasso), Tommaso Cappellato (percussioni), Marco Ponchiroli (pianoforte)
Scenofonia di Lorenzo Brutti - Consulenza storica Piero Brunello
Il 27
ottobre 1848 da Forte Marghera escono gli insorti per cacciare gli
austriaci da Mestre. Il presidio austriaco abbandona la torre Belfredo e lascia
andare liberi alcuni ragazzi di Noale renitenti alla leva che
quella sera stessa dovevano essere impiccati. Intanto a Forte Marghera il
poeta Poerio è a letto malato ma, nonostante il divieto di partecipare
alla sortita, anche perché era molto miope, verso sera decide di
raggiungere da solo il centro di Mestre dove erano in corso i combattimenti. E'
scesa la nebbia. Poerio, convinto di andare in direzione della torre
civica prende la strada dei cappuccini che porta a Bottenigo, attuale
Marghera. Entra in un portone dove stava rannicchiato col suo
fucile un soldato croato che aveva perso il collegamento con i suoi. Il soldato
spara. Di Poerio, che incontra la morte in un androne, resterà il nome a
indicare una via.
Questi due episodi sono lo spunto che da il via al nuovo spettacolo di Gigio Brunello e Gyula Molnar (Prima Nazionale Mittelfest di Cividale 2011) e che vuole proseguire l'originale e personalissimo percorso artistico di ricostruzione della memoria cittadina cominciato con Vite senza fine I saperi operai del novecento. Il linguaggio utilizzato è lo stesso che il pubblico mestrino ha conosciuto: un lungo tavolato sul quale, tra alcuni elementi simbolici di Mestre ottocentesca (la torre, le Barche, il Ponte della Campana, il Forte Marghera), prendono vita le statuine della storia di allora. C'è una cassa di fucili pagati da una colletta patriottica per la difesa di Venezia, mai giunti a destinazione. Siamo nell'autunno del 1848 quando gli austriaci hanno già riconquistato Veneto e Lombardia e assediano la città lagunare. Il passaggio di mano di questa merce che scotta ci farà conoscere contadini e soldati, spie , disertori e giovani patrioti, amori che parlano lingue ostili, come fossero appena usciti da novelle di Boito. Ci sarà chi sui fucili costruirà la sua fortuna, chi incontrerà la propria fine. L'autore, interessato esclusivamente alle loro storie, per scrupolo di raccontarle al meglio, non è riuscito a ignorare i re, le battaglie, i trattati, i proclami e le solenni promesse che, come ci insegnano i manuali di storia, allora c'erano e sempre ci saranno.
(Marianna Sassano - Nonsolocinema)
Questi due episodi sono lo spunto che da il via al nuovo spettacolo di Gigio Brunello e Gyula Molnar (Prima Nazionale Mittelfest di Cividale 2011) e che vuole proseguire l'originale e personalissimo percorso artistico di ricostruzione della memoria cittadina cominciato con Vite senza fine I saperi operai del novecento. Il linguaggio utilizzato è lo stesso che il pubblico mestrino ha conosciuto: un lungo tavolato sul quale, tra alcuni elementi simbolici di Mestre ottocentesca (la torre, le Barche, il Ponte della Campana, il Forte Marghera), prendono vita le statuine della storia di allora. C'è una cassa di fucili pagati da una colletta patriottica per la difesa di Venezia, mai giunti a destinazione. Siamo nell'autunno del 1848 quando gli austriaci hanno già riconquistato Veneto e Lombardia e assediano la città lagunare. Il passaggio di mano di questa merce che scotta ci farà conoscere contadini e soldati, spie , disertori e giovani patrioti, amori che parlano lingue ostili, come fossero appena usciti da novelle di Boito. Ci sarà chi sui fucili costruirà la sua fortuna, chi incontrerà la propria fine. L'autore, interessato esclusivamente alle loro storie, per scrupolo di raccontarle al meglio, non è riuscito a ignorare i re, le battaglie, i trattati, i proclami e le solenni promesse che, come ci insegnano i manuali di storia, allora c'erano e sempre ci saranno.
(Marianna Sassano - Nonsolocinema)
LUMI DALL’ALTO. Corse
clandestine in città
di Gigio Brunello e Gyula Molnar
In scena Gigio Brunello -Sculture di Gigio Brunello
dipinti di Lanfranco Lanza - Musiche di Rosa Brunello eseguite da Rosa Brunello Quintet- Scenofonia di Lorenzo Brutti
di Gigio Brunello e Gyula Molnar
In scena Gigio Brunello -Sculture di Gigio Brunello
dipinti di Lanfranco Lanza - Musiche di Rosa Brunello eseguite da Rosa Brunello Quintet- Scenofonia di Lorenzo Brutti
“ In groppa a C’est la vie, Ginco
Scura e Kira Oxha sorvolano il bosco di Bissuola, un bosco così fitto che
dentro ci si perde. -
Lo sapevi che sotto questi carpini c’è il cimitero degli Unni? - dice Ginco- Nessuno osa scavare per non
svegliare gli spiriti dei cavalieri morti - E tu, come lo sai? - dice Kira che ci ha preso gusto ad
ascoltarlo - Ora sorvoleremo le sirene!- dice Ginco sempre più fiero di sé - legati a me e ascolta il canto.
(fischio di sirena) Sentito? E’ poco
bello? – Sotto di loro la gente
preoccupata si riversa in strada - Noi non c’entriamo! - fa segno Ginco, non abbiamo toccato
niente!- Ma i mestrini non li vedono e sono
ancora lì a testa in su.” (Da Lumi dall’alto. Corse clandestine in città.)
Quando Kira mi raccontò questa storia, era incinta del primo bimbo. Mi aveva fatto vedere il video del suo matrimonio: lei con lo sposo e gli invitati che percorrono velocemente i viali di un parco e guardano sorridenti in telecamera. Mi spiegò che quel video era un falso, l’avevano girato, di nascosto dai proprietari, in una villa veneta approfittando del giorno di chiusura del ristorante e grazie al giardiniere albanese loro amico. Soldi per un matrimonio vero e proprio non ne avevano ma quel video serviva per far felici i parenti rimasti in Albania. E pensare che papà e mamma avevano già combinato un matrimonio con un cugino ricchissimo che viveva a Canadà.
Così cominciò a raccontarmi la sua storia fin da quando era partita in gommone col suo fratellino. Qualsiasi riferimento a persone o a fatti realmente accaduti è puramente immaginario.
«Così, senza retorica alcuna rivive l'epopea della comunità albanese di Mestre, attraverso la storia vera di una sedicenne arrivata dall’acqua in Italia con il fratellino con le proprie cose ben avvolte e sigillate nel nylon per preservarle dall'acqua. Brunello e Molnar creano per mezzo di un teatro poverissimo dove sono gli oggetti a prendere vita con l'immaginazione dello spettatore uno spettacolo di rara potenza poetica ed evocativa.»
Quando Kira mi raccontò questa storia, era incinta del primo bimbo. Mi aveva fatto vedere il video del suo matrimonio: lei con lo sposo e gli invitati che percorrono velocemente i viali di un parco e guardano sorridenti in telecamera. Mi spiegò che quel video era un falso, l’avevano girato, di nascosto dai proprietari, in una villa veneta approfittando del giorno di chiusura del ristorante e grazie al giardiniere albanese loro amico. Soldi per un matrimonio vero e proprio non ne avevano ma quel video serviva per far felici i parenti rimasti in Albania. E pensare che papà e mamma avevano già combinato un matrimonio con un cugino ricchissimo che viveva a Canadà.
Così cominciò a raccontarmi la sua storia fin da quando era partita in gommone col suo fratellino. Qualsiasi riferimento a persone o a fatti realmente accaduti è puramente immaginario.
«Così, senza retorica alcuna rivive l'epopea della comunità albanese di Mestre, attraverso la storia vera di una sedicenne arrivata dall’acqua in Italia con il fratellino con le proprie cose ben avvolte e sigillate nel nylon per preservarle dall'acqua. Brunello e Molnar creano per mezzo di un teatro poverissimo dove sono gli oggetti a prendere vita con l'immaginazione dello spettatore uno spettacolo di rara potenza poetica ed evocativa.»
(Mario Bianchi - Eolo)
Nessun commento:
Posta un commento