Riscoprirsi procedendo a passo d'uomo
recensione di Felice Ferrara
In un mondo dove l'azione intensa e continua dei mass media e della
tecnologia ci immettono sempre più in uno spazio dilatato, portandoci immagini,
parole, usi e costumi da tutto il mondo, trasportandoci in un attimo da un
continente all'altro, ora con una notizia su una qualche guerra, ora con un
video di qualche posto lontano, cosa significa procedere invece a passo d'uomo?
Significa anzitutto fermarsi e riportare lo sguardo su di noi e su ciò che
abbiamo vicino. E significa porsi una domanda: a chi e a che cosa apparteniamo
veramente? La cosa sorprendente è che difficilmente troveremo una risposta. Se
le innovazioni nei trasporti e nelle comunicazioni ci hanno fatto conquistare
uno sguardo sulle realtà più distanti, abbiamo nello stesso tempo perso la
capacità di procedere a passo d'uomo, ovvero a quella andatura che dovrebbe
esserci propria, e spesso la possibilità di integrarci con quello che abbiamo
intorno costruendoci una nostra specifica identità, al di là di ciò che
rimbomba nei media.
Alla luce di questa riflessione appare dunque urgente e necessario
il progetto sviluppato da Campo Teatrale con il contributo della Fondazione
Cariplo, una ricerca condotta nell'arco di un biennio tramite incontri,
interviste, laboratori di aggregazione tra persone e raccolta di storie e
racconti volti a restituire a chi abita il quartiere Casoretto di Milano un
volto e un'immagine condivisa. Una sorta di azione controcorrente per tentare
di recuperare l'idea di vita in un ambiente comune dove sia ancora possibile
creare legami e trovare una ragione di condivisione.
Questo intenso lavoro condotto da Caterina Scalenghe e Lia Gallo ha
portato alla stesura di vari monologhi affidati all'interpretazione della brava
ed intensa Livia Bonetti e portati in scena nei luoghi del quartiere, bar,
botteghe e negozi, rispolverando storie e ricordi di chi ha vissuto il
Casoretto e consegnandoli così a una consapevolezza collettiva che possa
ricementare un senso di appartenenza comune.
La tappa finale di questo percorso ha trovato posto nel teatro di
Campo Teatrale, ancora un luogo del quartiere, con uno spettacolo che tenta una
sintesi del lavoro svolto e insieme una riflessione più generale sulla realtà
attuale, allargando il discorso dal quartiere di Casoretto ad ogni quartiere di
ogni città.
In scena tre angeli che sembrano aver perso il loro candore, forse
perché sporcati dal cinismo della metropoli che abitano o forse perché non più
tanto certi dell'importanza della loro funzione: custodire la memoria di ogni
gesto e ogni parola di chi vive e ha vissuto quei luoghi, una memoria dalla
voce sempre più flebile o sempre più inascoltata nella mente delle persone. Tre
personaggi dunque resi fragili da un tempo che passa e sembra portare più
deterioramento che rinnovamento, e spargere più bruttura che bellezza, per ricreare
una realtà ormai difficile da comprendere. I quartieri si popolano infatti di
parole e comportamenti che poco hanno a che fare con l'identità del passato e
chi arriva non cerca una integrazione, non ascolta e non si sofferma su nulla,
ma porta avanti la propria vita con una certa indifferenza verso ciò che lo ha
preceduto e verso che ciò che potrebbe trovare vicino.
Colpisce in scena l'idea di rendere invisibile il concreto, ovvero
la città e le persone del quartiere, e viceversa visibile l'invisibile, ovvero
la memoria custodita dai tre angeli, con la splendida immagine delle gocce
d'acqua che cadono lentamente in una pozza da cui attingono i tre personaggi,
sempre intenti a travasare questi ricordi e queste parole liquide da un vasetto
all'altro, con un lavoro continuo che rende la difficoltà dell'impresa. E
ancora funziona l'incastro di tre personaggi che, pur svolgendo lo stesso
compito, si differenziano nettamente tra loro, con un angelo più mite e comprensivo,
ancora capace di uno sguardo positivo, uno al contrario esasperato e riottoso,
e infine uno taciturno e riflessivo che si esprime solo attraverso la sua
musica.
A questo si alternano momenti di proiezioni di filmati e interviste.
A passo d'uomo è dunque uno spettacolo dal testo poetico e ben interpretato, dotato di immagini suggestive e capace di porre quesiti semplici
ma fortemente necessari.
A PASSO D'UOMO 1.0
STUDIO PER GEOGRAFIE UMANE
Regia Caterina Scalenghe
Drammaturgia Collettiva
Con Lia Gallo, Livia Bonetti
Musica dal vivo Orazio Attanasio
Videoproiezioni Michele Ciardulli
Foto Gaia Mattioli
Un grazie particolare a Gianluigi Gherzi
Produzione Campo Teatrale
Con il contributo di Fondazione Cariplo
Drammaturgia Collettiva
Con Lia Gallo, Livia Bonetti
Musica dal vivo Orazio Attanasio
Videoproiezioni Michele Ciardulli
Foto Gaia Mattioli
Un grazie particolare a Gianluigi Gherzi
Produzione Campo Teatrale
Con il contributo di Fondazione Cariplo
Visto a Milano presso Campo Teatrale l'8 ottobre 2016
Nessun commento:
Posta un commento