Beauty and the Beast, scoprire Broadway a Milano
di Felice Carlo Ferrara
Quando
nel 1991 uscì sul grande schermo il film “Beauty
and the Beast”, la critica non acclamò soltanto la bellezza e l’originalità
dell’adattamento, ma si dimostrò entusiasta anche dei diversi numeri musicali
che rievocavano le più ambiziose produzioni di Broadway. Proprio questi
apprezzamenti spinsero la Disney ad
aprire a New York una nuova divisione interamente dedicata alla creazione di
spettacoli teatrali, capeggiata da Thomas Schumacher, prima di allora
responsabile dello studio d’animazione, e ad investire subito un notevole
capitale. Cominciò così l’avventura produttiva che avrebbe portato al debutto,
nel 1994, della versione musical del celebre film, uno spettacolo che ancora
oggi sorprende per l’entità del successo riportato. Si parla infatti di oltre
35 milioni di spettatori, di riallestimenti in 8 lingue diverse e di circa
28000 repliche. Quanto ai profitti, stupisce sapere dallo stesso Schumacher che
il musical sarebbe risultato più redditizio del film stesso.
Quest’anno
ricorrono i 20 anni dal debutto. Per celebrarlo, la Disney Theatrical Productions ha organizzato la prima tournée
internazionale dello spettacolo originale (ridotto in realtà di qualche numero
musicale di secondo piano e con una scenografia in alcuni momenti meno
imponente), tournée che ha avuto la prima tappa italiana a Trieste, presso il
teatro Rossetti, e si è poi spostata all’Arcimboldi
di Milano, dove rimarrà fino al 3
gennaio. E se la sala sarà invasa soprattutto dal pubblico delle famiglie e dai
numerosi fan del film e delle musiche di Alan
Menken, in realtà l’occasione è ghiotta anche per chi voglia conoscere e
valutare da vicino la qualità e la professionalità di una produzione di
Broadway.
Lo
spettacolo si dimostra subito molto
fedele al film originale e certo questa è la prima ragione del grande
successo della produzione. Si comincia così con una voce narrante che racconta
di come una fata punì l’arroganza di un principe, tramutandolo in una bestia
con un incantesimo destinato a durare finché non avrebbe imparato ad amare e a
farsi amare a sua volta. Paradossalmente, però, il principe, convinto che
proprio quell’aspetto terribile renda impossibile ogni relazione umana, vive il
sortilegio come una condanna all’emarginazione, anziché un invito ad aprirsi
agli altri. L’azione si sposta, tuttavia, in un piccolo paese di provincia e
qui vediamo come Belle, una ragazza al contrario molto attraente, fatichi comunque
ad integrarsi, non riuscendo a conciliare la sua mentalità moderna con gli orizzonti
ridotti dei propri compaesani. Non solo: l’aitante Gaston, pur dotato di una
invidiabile fisicità, deve subire un netto rifiuto dalla stessa Belle, e
constatare, suo malgrado, che il suo aspetto esteriore non può dargli tutto
quello che desidera.
La
solitudine dei protagonisti non può quindi risolversi attraverso la loro corporeità.
Al contrario è necessario che affrontino un processo di revisione interiore e
che imparino ad avvicinarsi l’un l’altra, riscoprendo il valore della
gentilezza, della buona educazione, della compassione e dell’empatia verso
l’altro.
Il
musical conserva quindi con estrema fedeltà tutti i contenuti sviluppati nella
versione animata e sceglie anzi di approfondirli e rafforzarli con l’aggiunta di qualche nuovo numero musicale
e alcuni brevi dialoghi che si dimostrano scritti con intelligenza e
sensibilità. Di fatto il pregio maggiore di questa produzione, pur estremamente
generosa in termini di scenografie, costumi ed effetti scenici, è il testo,
curato da Linda Woolverton, già
autrice della sceneggiatura originale. Se nel film il momento più commovente
arriva sul finale, quando Belle confessa il suo amore ad una bestia ormai
morente, nel musical si accumulano scene toccanti per tutta la durata del
soggiorno di Belle nel palazzo. Si condivide l’inquietudine di Lumiere e di Cogsworth
(Tockins) quando constatano che i loro corpi si irrigidiscono giorno dopo
giorno e cominciano così a temere che presto l’incantesimo toglierà loro anche
ogni coscienza; si assapora l’amarezza di Belle, quando, trovandosi prigioniera
e divisa per sempre da suo padre, si pente di aver disprezzato la sua vita di
provincia che, pur con tutti i suoi limiti, non le toglieva comunque la
libertà; si prova tenerezza per la Bestia, quando scopre con ingenuo entusiasmo
che la lettura di un libro può finalmente distrarlo dal pensiero del suo
aspetto fisico.
Il
tutto è peraltro accompagnato dalle musiche sempre splendide di Alan Menken e
sostenuto da un cast di attori, cantanti e ballerini validissimi, che non
tradiscono le aspettative sulla grande professionalità del teatro di Broadway.
Tra
tutti, meritano di essere menzionati in particolare Hilary Maiberger nel
ruolo di Belle, molto convincente anche nei momenti più drammatici, e gli
esilaranti James May nei panni
di Cogsworth (Tockins) e Jacqueline Grabois in quelli di Wardrobe
(l’armadio). Non del tutto condivisibile, invece, la scelta della regia di dare
all’interpretazione della Bestia un taglio più leggero e più caricato rispetto
al personaggio più cupo e complesso ritratto dal film animato. Allo stesso modo
la scenografia e i costumi, ricchi e fastosi, sembrano pensati per assecondare
un gusto per un intrattenimento leggero, azzeccato magari per certi numeri come
Be our Guest, e meno invece per
valutare i tanti risvolti drammatici della vicenda.
Ad
ogni modo uno spettacolo consigliatissimo per tutti.
Beauty and the Beast
Produzione: Disney Theatrical Productions, NETworks e Broadway Entertainment Group
Musiche originali: Alan Menken
Testi: Howard Ashman e Tim Rice
Libretto: Linda Woolverton
Regia: Rob Roth
Coreografie: Matt
West
Costumi: Ann
Hould-Ward
Luci: Natasha Katz
Scenografie: Stanley A. Meyer,
Suono di John Petrafesa Jr.
Supervisione musicale: Michael Kosarin
http://www.disneysbeautyandthebeast.it
Visto al Teatro degli Arcimboldi di Milano
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