FILIPPO TIMI CAVALIERE CORAZZATO DI PAURE IN
UN CUORE DI VETRO IN INVERNO
Recensione di Felice Carlo Ferrara
Dopo essersi immerso nell’universo
shakespeariano (con le riletture grottesche dell’Amleto e di Giulietta e Romeo),
aver parodiato la Hollywood degli anni ’50 (Favola), aver giocato con la
commedia barocca (nell’estroso Don Giovanni), essere tornato all’ingenuità
degli anni ’80 (Skianto) ed aver ricreato le atmosfere del cinema italiano
degli anni ’60 (La Sirenetta), Filippo Timi riesuma ora la sacra
rappresentazione medievale, riprendendone l’assetto didascalico e costruendo la
facile allegoria di un uomo innamorato che affronta le proprie paure come un
cavaliere si prepara allo scontro con un drago.
Privo di una vera narratività, lo
spettacolo si frammenta in più voci. Al fianco del cavaliere umbro si raccontano,
infatti, altre figure, tutte piuttosto topiche nell’universo cortese: un
vecchio giullare, un giovane scudiero, una prostituta e un angelo custode,
tutti carichi di insicurezze o delusioni e, in questo, specchi della fragilità
del protagonista. E se ognuno aggiunge un tassello al tema centrale della
paura, così strettamente annodato a quello dell’amore nella personalissima
visione del mondo di Timi, nel medesimo tempo ognuno ritorna al punto di
partenza.
Allo stesso modo lo spettacolo,
pur esplorando un genere teatrale nuovo nella carriera di Timi, torna in realtà
alle esperienze precedenti, riaccogliendo in sé l’eco di ogni lavoro del
passato, come a realizzarne un piccolo compendio che rifletta malinconicamente su
se stesso. Facile riconoscere gli elementi pasoliniani già molto presenti nella
Sirenetta (di cui riprende anche un pezzo di scenografia), il gusto barocco, la
scelta dell’inflessione regionale a smorzare l’altisonanza del testo e la
Marilyn della Rocco già presente nell’Amleto.
Filippo Timi conferma peraltro la
sua cifra stilistica, caratterizzata da un’estetica tanto curata, quanto dedita
al bizzarro e dal gusto per l’elemento popolare che vada a contaminare testi
invece ridondanti, straripanti immagini poetiche e folgoranti accumulate l’una
sull’altra, con insistenza, cercando più la ripetizione del concetto che il suo
approfondimento.
Ne risulta uno spettacolo
estremamente affascinante sul versante visivo, e non solo per i bellissimi costumi
e per il disegno scenografico: contribuisce notevolmente anche la capacità
visionaria di Timi che mette Marina Rocco irrigidita su un carrello scorrevole,
accosta uno squallido bar di periferia così materico nel suo nudo cemento ad
una nuvola che pare tratta da un affresco manierista e appende infine se stesso
a testa in giù dopo essersi arrampicato fino alla cima di una scala in una
scena di grande impatto. A questo si aggiunge la consueta
qualità nella squadra attorale: in scena un accumulo di talenti la cui vetta è
lo stesso Timi.
Per contro si deve riscontrare
una semplicità nei contenuti e nel gioco narrativo tale da rendere quasi
inutile tanto lavoro estetico o tanto talento attorale, quasi si sfoggiasse più
mestiere che arte.
UN CUORE DI VETRO IN INVERNO
uno spettacolo di e con Filippo Timi
e con Marina Rocco, Elena Lietti, Andrea Soffiantini,
Michele Capuano
luci Camilla Piccioni
assistente alla regia Benedetta Frigerio
direttore di scena Alberto Accalai
macchinista Mattia Fontana
elettricista Lorenzo Bernini
fonico Emanuele Martina
sarta Caterina Airoldi
amministratrice di compagnia Beatrice Cazzaro
direttore tecnico Lorenzo Giuggioli
scene costruite presso il laboratorio del Teatro Franco
Parenti
costumi realizzati presso la sartoria del Teatro Franco
Parenti diretta da Simona Dondoni
produzione Teatro Franco Parenti/ Fondazione Teatro della
Toscana
Visto il 31 ottobre 2018 presso il Teatro Franco Parenti di Milano
Nessun commento:
Posta un commento